Claudio Caporaso è uno scultore figurativo, amante del classicismo e della sua espressività formale che reinterpreta in chiave contemporanea, secondo uno stile autentico e personale che non tende ad un mero compiacimento estetico. Infatti, le sue creazioni nascono da lunghe meditazioni su concetti e temi di particolare rilievo, talvolta di antico retaggio filosofico, ma al contempo di estrema attualità. La centralità della figura femminile nella sua produzione scultorea risponde all’esigenza di esaltare la Natura, a cui la donna è equiparata per la sua forza genitrice, e dunque celebrare la vita, l’amore e la bellezza. Questi concetti tramandati nei secoli prendono nuove forme grazie all’abile mano di Claudio Caporaso, come accade, ad esempio, nella commovente Maternità o nell’opera Acqua. Tuttavia, nella contemporaneità la donna perde le plurisecolari connotazioni che artisti e poeti hanno esaltato nelle loro creazioni, vittima di violenze di varia natura che la costringono a una posizione subalterna. Da qui la necessità dell’artista di denunciare, di gridare tacitamente il proprio disappunto attraverso una serie scultorea di grandissimo impatto visivo ed emotivo: DND – Do Not Disturb. Le danzatrici realizzate precedentemente lasciano il posto a figure femminili nude, strattonate, con le caviglie strette da catene e non più dai morbidi lacci delle scarpe da danza. Sono donne tinte di rosso, che portano le tracce visibili della sofferenza inflitta sul proprio corpo violato, che trascinano con fatica il simbolo della loro sessualità, come Cristo trascinava la sua croce. È un progetto artistico volto a divenire letteralmente monumentale negli anni a venire, finalizzato a scuotere le coscienze con immagini violente sì, ma non volgari, silenziosamente eloquenti nell’esprimere quel dolore che accomuna molte donne, non solo quelle violentate fisicamente, ma anche quelle violate psicologicamente e socialmente. Il marciume della società contemporanea viene parallelamente smascherato attraverso un’altra serie scultorea dal titolo sarcastico: Identità. A ben vedere quei volti vagamente femminili sono piuttosto delle maschere che dunque rendono difficile – se non impossibile – riconoscere quell’identità. Inoltre, le sculture sono cave, rivelando metaforicamente il vuoto sostanziale di quelle personalità dal volto sfogliato, composto cioè da stratificazioni materiche trattate tecnicamente in maniera differente, a testimoniare il sedimentarsi di attitudini e atteggiamenti acquisiti per identificarsi con la massa, nonché la conseguente perdita della peculiarità identitaria. A prescindere dalle tematiche sopra enunciate, lo scultore Claudio Caporaso delinea sempre i suoi soggetti armonicamente, facendo della sua scultura una poesia figurativa, chiara nel veicolare il messaggio, che sia di denuncia, di esaltazione o idealizzazione. Inoltre, a seconda della tematica trattata, lo scultore predilige plasmare una materia piuttosto che un’altra: legno o bronzo. Il primo, materiale letteralmente vivo e sorprendente per le sue venature, è utilizzato per affrontare temi delicati, mentre il bronzo viene impiegato per raffigurazioni dal forte impatto visivo. Lo scultore Caporaso esalta i valori della bellezza, dell’eleganza e della delicatezza delle forme che non trovano più spazio nella società contemporanea. Controcorrente, sceglie un linguaggio figurativo chiaro e lineare che si oppone al rifiuto della forma e all’astrazione di un’arte concettuale. Con la sua poesia scultorea tenta di superare il vuoto materico e formale per il ripristino di valori dimenticati, sepolti dal consumistico uso di oggetti e mascherati da un apparire conforme al costume del tempo. In conclusione, è possibile attestare come Claudio Caporaso – artista presente in collezioni private e in numerose gallerie sia italiane che estere, nonché vincitore di numerosi premi come l’Italian Dance Award con la serie sopracitata delle Ballerine – sappia porre il proprio ingegno e la propria abilità tecnica a servizio della collettività, accarezzando lo sguardo e scuotendo l’animo umano.

Dott.ssa Lucia Signore Storica dell’arte


DND – Do Not Disturb: il progetto artistico di Claudio Caporaso

La produzione scultorea di Claudio Caporaso è costellata di figure femminili, personificazioni di un concetto astratto o rappresentazioni di donne concrete, delicate creature spesso viste come ballerine libere di danzare e librarsi nell’aria. Ma la libertà della donna e la sua paritaria uguaglianza all’essere maschile, con il riconoscimento dei medesimi diritti e della stessa dignità, ancora oggi spesso non trovano il loro adeguato riconoscimento e l’arte di Caporaso non può che risentirne. Così, i morbidi lacci delle scarpe da ballo che cingono delicatamente le caviglie delle danzatrici realizzate negli scorsi anni vengono sostituite da pesanti catene metalliche nelle ultime creazioni afferenti al progetto DND – Do Not Disturb. Lo scultore ha nobilmente messo la sua arte a servizio della società, andando oltre il puro compiacimento estetico, dando vita, non ad una semplice “serie” di sculture, ma a un vero e proprio progetto finalizzato a difendere la donna e non più semplicemente ad esaltarne la soave bellezza. L’obiettivo è quello di sensibilizzare il più vasto pubblico possibile su una tematica di estrema attualità nonché di grande complessità dovuta alla molteplicità tipologica delle violenze inflitte, da quella fisica a quella psicologica, culturale, sociale, economica…insomma ogni sua forma volta a trovare una differenza nella figura femminile, denotandone automaticamente la sua diversità che si esplica poi nella sua presunta inferiorità. Al fine di farne un monito, Caporaso replicherà su scala monumentale i piccoli esemplari scultorei con cui esteticamente sta restituendo la violenza inflitta dall’uomo e subita dalla donna, lasciandoci impietriti dinanzi a cotanta sofferenza che tacitamente le opere promanano. Le sue sculture sono di grande impatto visivo, crude e violente, verniciate di rosso, come se del sangue grondasse dalle ferite fisiche e psicologiche delle vittime. Tra le sue opere madre, una donna incatenata si dimena nel tentativo di liberarsi da un palmo che la tiene in suo possesso, una mano non più creatrice, come spesso è stata concepita nella tradizione scultorea, bensì distruttrice, folle e omicida. La nudità della donna e la sua postura restituiscono la sodomia di quella mano maschile, sovrastante nelle dimensioni rispetto all’esile figura femminile, che si configura come un podio su cui ostentare la propria preda prigioniera. È una donna che ha perso la sua identità, cancellata, calpestata, celata dietro i suoi stessi capelli che ricadono sul viso nell’atto di svincolarsi. Ne rimane ben in vista il sinuoso corpo, relegato a mero oggetto di perversa bramosia, preludio talvolta di omicida follia. Con tali fattezze estetiche, questa piccola scultura può silentemente e al contempo violentemente denunciare non solo un particolare tipo di maltrattamento, quello di natura fisica e sessuale, ma rappresentare anche la generale condizione di sottomissione e diversificazione, restituita proprio dalla difformità dimensionale della mano maschile e del corpo femminile. Un’altra scultura di piccole dimensioni rimanda alle molteplici tipologie di violenza, riassunte nell’immagine della martire che trascina con dolore il simbolo genetico della sua sessualità, moderna croce portata sulle proprie spalle nel lungo calvario. È un’opera estremamente toccante, la cui visione è in grado di generare un senso di disagio dovuto alla consapevolezza che storie del passato continuano a ripetersi nel presente e che il progresso, almeno da un punto di vista etico, sembri una vana illusione. “Non disturbare, non permetterti di farlo, ferma la tua mano che mi vincolerà a te. Lasciami libera, nel rispetto reciproco, considerami come tuo simile e non sacrificare altre vittime”. Queste alcune delle frasi che sussurrano le donne forgiate dalle mani di Caporaso, un artista da sostenere e ammirare per il suo nobile intento di fare dell’arte uno strumento civilizzatore. La sua arte pubblica, destinata a diventare letteralmente monumentale, scuoterà le anime dei passanti che non potranno rimanere impassibili dinanzi a cotanta durezza. Certamente si ammireranno la mano e la mente dell’artista, ma soprattutto si innescherà la riflessione su un problema sociale che coinvolge tutti, non solo le vittime, scuotendo le coscienze e mobilitando i difensori dell’uguaglianza. Un sentito grazie a Claudio Caporaso per il suo contributo a questa causa.

Dott.ssa Lucia Signore Storica dell’arte


Identità, 2020, bronzo, 59 cm

Identità è uno degli esemplari della nuova serie realizzata dallo scultore Claudio Caporaso che indaga un tema esistenziale di cruciale importanza. Chi ritrae quel volto? A ben guardare in realtà non si tratta di un viso, bensì di una maschera! Ruotando intorno alla scultura, è possibile notare che è cava e che, nonostante le dimensioni, potrebbe essere adagiata su un volto reggendola mediante il lungo collo sinuoso. Ciò è evidente osservando la piccola statua anche anteriormente poiché la bocca aperta e il contrasto tra un occhio pieno e l’altro privo di materia suggeriscono il vuoto sostanziale dell’opera, metaforicamente il vuoto interiore della figura anonima con cui chiunque può identificarsi. Infatti, la piccola statua è connotata dalla dualità tra pieni e vuoti e dal contrasto materico che figurativamente si esplica nella sfogliatura del volto-maschera, ora liscio ora grinzoso, talvolta lucido talaltra opaco. Tale dicotomia materica esprime quella esistenziale, ossia quel processo di ibridazione a cui si sottopone l’uomo che cela la propria identità sotto una maschera che gli permetta di conformarsi ai più per una convivenza pacifica nella società. A lungo andare però ciò comporta una perdita della propria identità, del proprio essere autentico, manipolato e sopraffatto da stereotipi, tendenze e costumi. Da qui la fusione del volto con la maschera, lo stratificarsi e il cementarsi di elementi contrastanti che diventano indissolubili nel tempo e che rendono l’uomo irriconoscibile agli occhi degli altri e di se stesso. Chi siamo davvero? Per fornire una risposta occorre riflettere e avere il coraggio di riconoscere l’io reale e concreto, non quello costruito; bisogna non avere paura di mostrare il proprio volto e togliere le sovrastrutture costruite su di esso nel tempo. Ma farlo è difficile, lo è sempre stato, certamente la società contemporanea legata alla tendenza dell’apparire accentua questa inclinazione all’ibrido che si esplica nell’incoerenza che l’artista ha ben restituito con la superficie discontinua della sua creazione scultorea. Quest’opera è un invito a riflettere su ciò che ognuno di noi è realmente, a valutare se quella fusione tra essere e apparire sia avvenuta e quale identità nuova si sia generata, spronandoci a non aver paura di mostrare il proprio volto.

Dott.ssa Lucia Signore Storica dell’arte


Acqua, 2018, bronzo, 40 cm

Da un vortice acquoso emerge una figura femminile, una novella Venere dei tempi moderni che perpetua l’inno alla bellezza, all’amore e all’esistenza. È vita che prende forma e materia dalla fluidità dell’acqua, uno dei quattro elementi vitali della Natura. Ma la donna stessa è portatrice di vita, pertanto in questa piccola scultura si eleva alla massima potenza l’esaltazione idilliaca della donna e la sua equiparazione a Madre Natura come genitrice. La solidità scultorea è piuttosto connotata da una fluidità sinuosa delle forme che suggeriscono con immediatezza il movimento vorticoso entro cui avviene la creatrice trasformazione materica. Letteralmente la solida massa corporea prende forma dal movimento dell’acqua riconoscibile non solo cromaticamente, ma anche dal profilo fluttuante della materia bronzea plasmata dall’artista. La figura femminile è il focus della ricerca artistica dello scultore Claudio Caporaso che esalta le sue qualità, cercando di contribuire al suo riscatto sociale, ancora pallido nella nostra contemporaneità.

Dott.ssa Lucia Signore Storica dell’arte